Per ricordare il caro don Angelo Grassi, scomparso il 16 febbraio 2015, riportiamo l’intervento fatto da Angela Fortino durante il Consiglio Comunale di Lecco nella seduta del 23 febbraio scorso.
Il 16 febbraio è ritornato alla casa del Padre Don Angelo Grassi Parroco di Acquate dal 1982 al 2008 e dal 2008 residente nella Parrocchia di Bonacina a servizio della comunità.
La sua attività pastorale è stata ampiamente ricordata in tutte le celebrazioni religiose a suo suffragio; la sua testimonianza è stata feconda e ha generato molte vocazioni sacerdotali e missionarie nella parrocchia di Acquate ma anche impegno civile e sociale.
Personalmente ero molto legata a questo Sacerdote che ha seguito tutti i passi più significativi della vita della mia famiglia a partire dal mio matrimonio che ha concelebrato appena arrivato e gli sono grata anche per aver accompagnato i miei figli a vivere il dono della Fede.
In quest’aula però, da Consigliere Comunale, vorrei offrire qualche immagine del riflesso che la sua azione pastorale, declinata anche in impegno civico, ha avuto sulla nostra società locale.
Don Angelo aveva una speciale predilezione per i più piccoli ai quali si rivolgeva direttamente durante le celebrazioni liturgiche senza tralasciare il costante richiamo al rispetto e all’educazione … temi magari non più così “moderni” ma fondamentali per la crescita non solo di bravi cristiani ma anche di virtuosi cittadini.
Ai bambini e ai ragazzi dedicava parte delle sue vacanze partecipando ai campeggi estivi in montagna che rappresentavano anche una importante opportunità per quelle famiglie che non potevano portare i figli in vacanza oltre che favorire la sana convivenza.
E’ sempre stato un Sacerdote mite e impegnato ad unire anche laddove sorgevano contrasti e divisioni prestando molta attenzione anche a chi non frequentava la Parrocchia.
Promotore delle istanze dei più deboli anche attraverso l’impegno nell’Unitalsi, negli Istituti Airoldi e Muzzi e a favore degli anziani.
Ma è stato anche un Sacerdote coraggioso perché ha avuto la forza di avviare progetti ambiziosi a favore della collettività come la ristrutturazione dell’Oratorio con progettazione di ampi spazi destinati non solo ai parrocchiani ma a tutti i lecchesi: Palestra, bar e sale multifunzionali.
Ha ristrutturato la Scuola Materna rendendola ancora più bella e confortevole per i piccoli che la frequentano e pensando già a spazi ulteriori dove poi è stato realizzato il Punto Gioco. Opere che svolgono un servizio pubblico fondamentale per le famiglie.
Ha promosso il restauro dell’organo della Chiesa di Acquate che ha un grande valore storico: risale addirittura a Massimiliano d’Asburgo che lo donò nel 1858. Questo imponente strumento musicale però non è stato riservato esclusivamente per le celebrazioni liturgiche ma ha dato la possibilità anche ad alcuni acquatesi e non di cimentarsi in lezioni e/o sonate e concerti.
Ha provveduto alla ristrutturazione di tutte le Chiese comprese quelle delle frazioni (valorizzando dunque il contesto vitale) di Falghera, Malnago, Versasio e Piani d’Erna bussando con discrezione alle porte di qualche benefattore e chiedendo anche agli acquatesi stessi di avere a cuore la cura delle proprie case spirituali in una logica educativa di condivisione dei propri beni e di gratuità.
Ha portato a termine la ristrutturazione di molte edicole sacre e cappelle votive, patrimonio del territorio acquatese e delle sue frazioni, che sono poi state anche oggetto di studi da parte di alcuni studenti che hanno fatto lavori di ricerca di tesi proprio sulla storia e sugli affreschi di queste opere. Questi lavori sono stati possibili anche grazie alla sua capacità di mettere in sinergia tante realtà, facendole lavorare insieme, ciascuno secondo le proprie competenze: alpini, scuola, benefattori, volontari, studiosi di cultura popolare.
Ha voluto pensare anche alla carenza di posti auto nel quartiere e ha promosso la realizzazione di box privati coperti e posteggi pubblici in superficie distribuiti su tre diversi livelli lungo la Salita dei Bravi.
Importante è stato il suo impegno a favore di quello che venne definito il “bene-lavoro” nel momento in cui la SAE cominciò a manifestare problemi; insieme ad altri Sacerdoti ha contribuito alla stesura di un documento dove si raccomandava agli imprenditori di percorrere tutte le strade possibili per tutelare i lavoratori.
Ha avuto anche molta attenzione e sostenuto le preoccupazioni legate agli stravolgimenti dell’ambiente rurale, alla sussistenza delle aziende agricole, alla stabilità degli edifici ivi compresa la chiesetta dell’Assunta a Versasio nel momento in cui venne realizzata la nuova strada Lecco-Ballabio.
Questo è solo qualche esempio di come l’azione pastorale di Don Angelo ha abbracciato tutto l’umano e dunque non è stata disgiunta dall’impegno e dall’attenzione a tutto ciò che capitava alle persone e ai luoghi a lui affidati dalla Chiesa.
Ha sempre fatto tutto in maniera discreta e silenziosa rifuggendo sempre dalla tentazione del protagonismo.
Non chiedo il minuto di silenzio perché so che a lui non avrebbe fatto piacere ma vi chiedo di fare tesoro del suo esempio e della sua testimonianza.
Grazie Don Angelo.
Don Cesare Lauri (1974-1982)
Era nato a Gorgonzola il 12 aprile del 1923, da una famiglia di operai e, da giovane, aveva lavorato come meccanico in una fabbrica milanese di biciclette.
Nel 1938 entrò tra i Salesiani, poi, l’anno successivo, nel seminario di San Pietro Martire a Severo.
Venne ordinato sacerdote nel 1949 dal Card.Schuster e destinato coadiutore a Robbiate.
Qui si fermò per ben 24 anni come assistente di oratorio maschile e come assistente dei giovani di Azione Cattolica della plaga di Merate; nella stessa città insegnò religione presso la scuola magistrale B.V.Maria.
Mons.Assi, prevosto di Lecco, celebrando una Santa Messa ad Acquate il 2 settembre 1973, annunciò ai fedeli la designazione di Don Lauri come loro nuovo parroco, mentre li rendeva partecipi delle dimissioni di Don Zoia per motivi di salute.
Il Cardinal Colombo aveva infatti individuato in lui il sacerdote adatto a subentrare alla guida della Parrocchia, dopo ben due casi di volontarie dimissioni.
Durante la stessa omelia, Mons.Assi si soffermò a lungo nel considerare l’opportunità di revocare l’antico privilegio della nomina, in quanto ritenuto anacronistico sotto tanti punti di vista.
La nomina di un Parroco, sottolineò, non poteva essere di competenza civile, bensì ecclesiale, anche in osservanza delle nuove norme Conciliari e perciò di esclusiva responsabilità del Vescovo.
Il primo incontro di Don Cesare con la popolazione di Acquate avvenne durante la Messa delle ore 11 da lui celebrata domenica 7 ottobre, ma già sul sagrato molta popolazione lo aveva atteso per conoscerlo, per stringergli la mano, per porgere i primi cordiali auguri di benvenuto.
Dopo un periodo di adattamento durato circa sei mesi, il 16 giugno 1974 Don Cesare venne nominato Parroco di Acquate, con la prerogativa di essere l’ultimo a diventarlo per effetto di una votazione, alla quale parteciparono 323 elettori.
Risultarono a lui favorevoli 306 voti, mentre 11 furono i contrari, con 6 schede nulle o bianche.
Nel contempo risultarono 263 i voti favorevoli alla soppressione del diritto di nomina del Parroco, 51 i voti contrari e 9 le schede nulle o bianche.
Il decreto di nomina che il Cardinal Colombo inviò in parrocchia e a Don Cesare sottolineava quale fosse l’alta missione di un parroco con le seguenti parole:
“…la tua condotta sia sempre esemplare nella preghiera liturgica e individuale, nella povertà evangelica, nella carità zelante verso tutti, ma particolarmente verso gli umili, i deboli, gli sprovveduti, i sofferenti.
Devi ricordarti che nel governo della tua parrocchia sarai partecipe e collaboratore delle nostre fatiche e della responsabilità a noi affidata per tutta la diocesi…”
Fu ancora Mons.Assi, il 19 settembre del 1982, a comunicare agli acquatesi che Don Cesare doveva rinunciare all’incarico di parroco a causa di un malessere fisico che avrebbe richiesto un prolungato periodo di riposo.
Sono ancora molti i parrocchiani che lo ricordano con affetto e devozione per la grande, paterna disponibilità che dimostrava con tutti e, in particolare, per il suo sincero amore per la preghiera e quindi per Gesù.
Non era raro incontrarlo molto presto, verso le 6 di mattina e con ogni tempo, mentre saliva, recitando il S.Rosario, al Santuario della Madonna di Lourdes.
Don Luigi Zoia (1973-1973)
Con un manifesto pubblico datato maggio 1973, il sindaco di Lecco, Dott.Guido Puccio, avvisava i capifamiglia e gli estimati del rione di Acquate maggiori di anni 21 che alle ore 14 del giorno 10 giugno dello stesso anno erano convocati in chiesa parrocchiale per procedere alla nomina del Parroco, nella persona del M.R. Don Luigi Zoia.
Però da tempo, in paese, era iniziata la discussione circa l’opportunità di continuare a mantenere tale diritto.
Nel 1949, in occasione della nomina del precedente parroco Don Luoni, si era già messa ai voti la cosa e l’esito di quella votazione, con un minimo scarto, aveva sancito il mantenimento del diritto.
Sul bollettino parrocchiale del mese di maggio del 1973, l’allora coadiutore di Acquate, Don Luciano Premoli, intervenne con un lungo articolo per cercare di trovare una sintesi tra le due posizioni. Ma molto chiaramente faceva intendere che era giunto il tempo di lasciar cadere una tale incombenza, perché ormai
scarsamente congrua con la mutata situazione e sensibilità dei fedeli.
Per capire meglio la posizione sostenuta dai più tradizionalisti, va sottolineato che, per effetto di tale antico privilegio, il Comune era in obbligo non solo di provvedere alla gestione della pratica elettorale, ma anche
alla manutenzione della Chiesa e della casa parrocchiale con i relativi oneri.
Il punto di mediazione proposto da Don Premoli era questo: rinunciare sì all’antico privilegio della nomina del Parroco, ma nel contempo chiedere all’Amministrazione Comunale, sentita la Curia, di riconoscere alla Parrocchia un contributo forfettario, a fronte del futuro venir meno dei suddetti costi di manutenzione.
Sta di fatto però che in quel 10 giugno si mise ai voti solamente la nomina a Parroco di Don Zoia, cosa che avvenne regolarmente, ma non il diritto stesso che rimase ancora in vigore.
Purtroppo Don Zoia stette in carica solo qualche mese, perché si dimise quasi subito per ragioni di salute.
Infatti il 2 settembre 1973, Mons.Assi, prevosto di Lecco, ne dava ancora notizia ai parrocchiani, annunciando che S.E. l’Arcivescovo proponeva, per la sua sostituzione, Don Cesare Lauri, coadiutore di Robbiate.
Don Alessandro Luoni (1949-1973)
Fu il 25° parroco di Acquate, almeno dopo quelli di cui si ha memoria storica.
Figlio di Ambrogio e Maria Azimonti, nacque a Sacconago (Busto Arsizio) il 6 gennaio 1905.
La sua famiglia, assai numerosa, non fu avara col Signore. Infatti, dei tre fratelli maschi, due furono sacerdoti (don Alessandro e Mons.Silvio) mentre delle sei sorelle, tre furono suore. Una di esse, Maria della congregazione delle Orsoline, lo servì amorevolmente per tutto il tempo che rimase ad Acquate.
La sua fu una vocazione adulta. Dall’età di 12 anni fino a quella di 20 lavorò in fabbrica, ma nel 1925 partì per Casale Monferrato, dove in tre anni, in una scuola Salesiana, superò gli studi ginnasiali.
Entrò quindi in seminario a Monza nel 1928, dove eccelse nello studio e nella preghiera. Nel 1932 passò in quello di San Pietro Martire a Severo, svolgendo anche il compito di prefetto, amato e stimato dai piccoli seminaristi, tra i quali anche il futuro prevosto di Lecco Mons.Assi.
La consacrazione sacerdotale avvenne in Duomo di Milano il 15 giugno 1935, per mano del Card.Schuster, allora Vescovo della Diocesi Ambrosiana.
Rimase due anni tra gli Oblati Vicari, nella loro sede milanese di San Gregorio, poi fu destinato come coadiutore e assistente di oratorio a Desio, dove rimase per 12 anni. In quella realtà parrocchiale seguì ed aiutò a crescere nella loro vocazione sacerdotale diversi ragazzi, tra cui quella di Don Luigi Giussani, futuro fondatore di Comunione e Liberazione. Per i giovani non fu soltanto prete assiduo al confessionale e buon predicatore, ma anche maestro di banda e di canto.
Il 6 gennaio 1949 moriva ad Acquate il parroco Don Giovanni Piatti, così la Curia Arcivescovile pubblicava un Concorso Canonico per assegnarne la Parrocchia vacante: Don Alessandro risultò l’unico concorrente e vi fu quindi nominato.
PARROCO IN ACQUATE
Il suo primo incontro con gli acquatesi avvenne il giorno dell’Angelo, il giorno dopo la Pasqua del 1949, terminata la messa delle otto, con una grande folla che lo attendeva in chiesa e fin sul sagrato.
Quello stesso giorno si recò al Santuario dove celebrò la sua prima messa in parrocchia, accompagnato sempre da molti acquatesi, desiderosi di conoscerlo e di farsi conoscere.
Secondo l’antica tradizione (Reg. nr.97 del 1827), la nomina del parroco di Acquate diveniva ufficiale solo dopo una votazione da parte dei capi famiglia (allora iscritti 860) e degli estimati (iscritti 243) e così avvenne nella domenica 24 aprile 1949, ma non votarono tutti. Nello stesso contesto si votò anche per rinunciare o meno a quello stesso diritto di eleggere i parroci in futuro.
La Commissione elettorale era così composta:
-Cav. Giovan Battista Calvetti – Presidente
-Prof. Luigi Colombo – Membro della Giunta Comunale
-Sig. Francesco Bonfanti – Idem
-Sig. Bernardino Todeschini – idem
-Sig. Andrea Gottifredi – Scrutatore
-Sig. Mario Corti – Scrutatore
-Sig. Domenico Sala – Scrutatore
Dott. Aldo Presti – Delegato Governativo
-Sig. Fabio Magnani – Segretario
-Mons. Giovanni Borsieri Prevosto – Rappresentante della Curia Arcivescovile.
Alla chiusura delle due votazioni, effettuato lo spoglio delle schede, risultarono favorevoli alla nomina del parroco Don Luoni 510 votanti e sfavorevoli 7; rinunciavano in futuro al diritto di nominare il parroco 212 votanti, mentre 296 furono contrari, così il diritto venne mantenuto.
Don Alessandro fece il suo ingresso ufficiale l’8 maggio di quell’anno, accompagnato fin da Desio con un corteo di auto: era una domenica e tutte le vie di Acquate erano pavesate a festa come non mai, con addobbi e illuminazione. A riceverlo sul sagrato c’erano il sindaco di Lecco, dott. Ugo Bartesaghi, il prevosto Mons.Borsieri, il decano dei parroci lecchesi Attilio Mettica e diversi parroci della pieve.
Furono tre giorni di festeggiamenti indimenticabili, secondo le testimonianze di quanti li vissero, ma fu soprattutto meravigliosa e sorprendente la partecipazione della popolazione ai sacramenti, alle processioni e a tutti i momenti che un comitato, sorto per l’occasione, volle organizzare.
Lo stesso comitato stilò un proclama di benvenuto, dove tre l’altro si diceva:
“…Il suo ingresso ci rallegra nei nostri sentimenti cristiani. Sulle nostre labbra fiorisce il saluto a Colui che viene nel nome del Signore. Nulla è più alto della missione del Parroco, nulla più ardito delle sue responsabilità complesse e delicate. Stringiamoci intorno a lui con festosa sincerità e, acclamando il suo nome, facciamogli promessa di affetto e di obbedienza…”
LA SUA INIZIATIVA PASTORALE
Iniziò la sua opera pastorale introducendo, subito nel 1949, una novità per gli acquatesi: la S.Messa nella mezzanotte di Natale. Per varie ragioni, erano anni che ciò non avveniva e, forse anche per la novità, fu necessario spalancare le porte della chiesa per permettere ai tanti fedeli di seguirne lo svolgimento.
Riprese nel 1954 la pubblicazione mensile del bollettino parrocchiale “La Fiamma” che presentava scrivendo: “…vuole essere la semplice voce del parroco che mensilmente arriva a tutte le famiglie, perché si tengano unite, si comprendano e si amino come membri di un’unica grande famiglia che è la parrocchia…”
Nelle sante Missioni predicate anche quell’anno dai padri di Rho, venne preso e sottoscritto in un album deposto ai piedi della Madonna Addolorata venerato nel Santuario di Rho, il solenne impegno, da parte delle famiglie acquatesi, della quotidiana recita del S.Rosario.
Dal 1955 introdusse la novità della benedizione degli automezzi e dei conducenti nella domenica antecedente il giorno di S.Lucia sul sagrato della chiesa, che anni più tardi verrà interrotta per il crescere smisurato del numero delle autovetture.
Nel 1959 la parrocchia venne consacrata alla Madonna e l’anno dopo si ripetè la consacrazione di tutte le famiglie acquatesi al Cuore Immacolato di Maria.
Si iniziò nel 1961 a celebrare la S.Messa festiva nelle frazioni, inizialmente solo nel periodo estivo, ma ben presto la pratica si estese tutto l’anno.
In quaresima, durante la S.Messa domenicale delle ore 11, particolarmente frequentata dai giovani e dagli uomini, si iniziò a chiamare un predicatore esterno per rivolgere loro un particolare “messaggio quaresimale” preparatorio del Mistero Pasquale.
Dopo il 1965, per effetto della riforma liturgica voluta dal Concilio, vennero introdotte molte novità nel modo di celebrare i Sacramenti e la S.Messa, come i testi in italiano e l’altare rivolto verso i fedeli, a sottolineare la partecipazione comunitaria dei fedeli al Sacrificio di Cristo. Questo comportò la ristrutturazione dell’altare che, attraverso un valido progetto, assunse l’elegante aspetto attuale, ben inserito stilisticamente nel suo contesto più antico.
Sotto la sua guida e il suo consiglio, in parrocchia continuò la tradizione dei pellegrinaggi e delle gite culturali. Rimasero famose quella del 1961 che toccò, oltre Castelgandolfo con udienza papale, Loreto, Assisi, Pompei, Capri e quella del 1970, sempre a Roma, in occasione del 50° anniversario di ordinazione sacerdotale di Papa Paolo VI.
Vi fu un memorabile incontro con il Papa, che ebbe parole di elogio per la sua parrocchia, presentata come una delle migliori della Diocesi Ambrosiana davanti a tutti i pellegrini raccolti nella sala delle udienze di Castelgandolfo.
Nel periodo maggio-luglio 1972 avvenne l’elezione e l’insediamento del primo Consiglio Pastorale della parrocchia, altra novità inaugurata all’interno della Chiesa in quegli anni post-conciliari, per rendere più partecipata e quindi più incisiva la vita di fede, attraverso momenti di dialogo tra i pastori e le rappresentanze dei fedeli.
LA SUA INIZIATIVA SOCIALE
Don Luoni fu molto sensibile anche nei confronti dei problemi sociali dei suoi acquatesi.
Più volte ricorse all’Amministrazione Comunale per chiedere la sistemazione di opere pubbliche, fontane, strade (accorata fu quella per ottenere l’allacciamento idrico delle frazioni all’acquedotto comunale) come anche l’interessamento per la costruzione di case per i lavoratori su terreni ceduti dalla parrocchia. Cosa, quest’ultima, che si realizzò nel 1961, anche con l’appoggio del consorzio ACLI e dell’INA-CASA, arrivando alla costruzione di 25 alloggi in località detta “Ai Morti”. Allo stesso scopo cedette, in località S.Stefano (parrocchia san Francesco) una porzione di terreno di proprietà della parrocchia.
Fu inoltre un appassionato esecutore di musica per organo e la presenza in chiesa di un strumento storico, dono dell’Arciduca Massimiliano d’Austria, scarsamente valorizzato per i troppi guasti, lo convinse a procedere immediatamente alla sua riparazione appena giunto ad Acquate. Incaricò la ditta Bussi di Crema che provvide a sostituire il mantice manuale con uno elettrico, ad integrare i timbri con un concerto di viole e a riparare tutte le parti meccaniche difettose, ripulendole e riaccordandole.
Domenica 16 ottobre 1949 venne collaudato con l’esecuzione di un concerto per organo e voci. Sedeva alla tastiera il Cav. Agostino Foppa Perdetti, organista della chiesa di San Benedetto in Crema, mentre i canti erano eseguiti dalla Corale della Parrocchia, diretta dal sig.Annibale Spreafico, papà del futuro Don Luciano Spreafico e nipote di Don Giulio e Mons.Andrea Spreafico.
Una seconda ricostruzione dell’organo, questa volta quasi totale, fu operata dal sig.Giovanni Bianchi nel 1963, con aggiunta di nuovi registri, con potenziamento della ventilazione e sostituzione dei tasti meccanici con quelli ad aria. Sopra una vecchia canna, in quell’occasione, si rinvenne la data originale della fabbricazione:1858.
Profuse un costante impegno per avere un bel gruppo di cantori ai quali, per ringraziarli dei pregevoli risultati che ottenevano e per l’impegno dimostrato, ogni anno offriva un pranzo e una gita socio-culturale.
Nel 1955 dotò la chiesa di un impianto di amplificazione e il tabernacolo di un piatto girevole, opera della ditta Fumagalli di Delebio.
Nel 1957 istallò un impianto di riscaldamento radiante a bombole di gas. L’anno successivo rivestì di zoccoli in marmo tutte le pareti della navata e delle cappelle che facilmente si scrostavano a causa della forte umidità risalente dal terreno.
Negli anni successivi, a partire dal 1959, provvide a ristrutturare e a migliorare, un poco ogni anno, tutto il complesso costituito dalla chiesa (cui venne totalmente rifatto il tetto), dai locali del coadiutore, il fonte battesimale e il sagrato. Il riscaldamento a gas fu sostituito da uno più moderno ad aria calda nel 1965, finchè, il 21 giugno 1969 si arrivò alla chiusura dell’ultima opera importante: la benedizione del nuovo altare rivolto verso l’assemblea, secondo le disposizioni dettate dal Concilio, ed eseguito dalla ditta Cornara di Seriate. Nel corso dei lavori di rimozione del vecchio altare, zelantemente diretti dal coadiutore di allora, Don Giovanni Verderio, si verificarono fatti curiosi. Ai piedi della balaustra, in quel frangente rimossa e spostata al di sotto dei gradini di accesso all’altare, esisteva un sacello costruito nel 1745 dove furono rinvenute ossa umane, frammenti di sedie e paramenti sacerdotali: infatti era lì che fino al 1808 si seppellivano i parroci di Acquate. Il sacello, svuotato e ripulito di tutto il contenuto, fu definitivamente chiuso, non prima di aver introdotto una pergamena chiusa dentro un tubo di plastica per ricordare ai posteri l’evento. Fu rimosso anche il pulpito che, dalla parete alla sinistra per chi guardava l’altare, dominava la navata ed al quale si accedeva dalla sacrestia salendo una piccola scala in pietra.
Nell’ottobre del 1965 sostituì con un pregevole mosaico, realizzato dal comasco Bernasconi, la più antica pittura raffigurante San Giorgio, posta alla base del campanile. L’elettrificazione delle campane avvenne invece nel 1968, ad opera della ditta De Antoni di Chiari.
IL DRAMMATICO INCIDENTE
La data del 10 marzo 1966 rimarrà scolpita per sempre nella storia della nostra comunità parrocchiale, ma non certamente per una lieta ricorrenza!
Don Luoni venne raggiunto quel giorno da una telefonata recante la notizia di un grave malore, poi risultato mortale, che aveva colpito suo fratello Pasquale, persona ben conosciuta in Acquate, dove spesso veniva e soggiornava per alcuni giorni in compagnia dei fratelli.
Nel primo pomeriggio partì immediatamente con la sorella Maria per arrivare al capezzale del fratello. L’auto, una Fiat 600, era guidata dal coadiutore Don Franco Rho e con loro c’era un ragazzo di 17 anni, Norberto Corti, che avrebbe fatto compagnia a Don Franco nel viaggio di ritorno.
All’altezza di Rescaldina, una località situata tra Saronno e Busto Arsizio, nel tentativo
non riuscito di sorpassare un autocarro, successe l’irreparabile: nell’impatto frontale vennero coinvolti altri due autocarri provenienti in senso opposto, che ridussero la seicento ad un ammasso di rottami. Don Franco morì durante il trasporto in ospedale per le gravi ferite riportate all’addome, mentre Don Luoni, che gli sedeva accanto, venne estratto dalle lamiere con delle ferite molto gravi agli arti inferiori. La sorella Maria e Norberto Corti, che viaggiavano sui sedili posteriori, riportarono anch’essi delle ferite, ma molto più lievi e guarite dopo pochi giorni di degenza ospedaliera.
Invece Don Luoni, dovette sottostare a lunge cure e altrettanti lunghi periodi di degenza ospedaliera, potendo tornare in parrocchia solo dopo l’estate dello stesso anno, ma purtroppo non perfettamente ristabilito nelle sue funzionalità motorie.
IL COMMOSSO COMMIATO DA ACQUATE
Il drammatico incidente incise profondamente sul suo stato di salute e da allora, mantenendo anche seri problemi nella deambulazione a causa del trauma riportato ad un ginocchio, crebbe in lui la sensazione di essere inadeguato a sostenere i compiti di una parrocchia impegnativa come quella di Acquate.
Agli inizi del 1973 chiese per questo all’Arcivescovo di Milano, Sua Em. Il Card. Colombo, di essere esonerato dall’incarico, richiesta che il Cardinale accettò, pur con rincrescimento, con una lettera datata 20 febbraio 1973. Don Luoni diede notizia di ciò ai parrocchiani durante una Messa e questi ultimi, colti di sorpresa e profondamente turbati, inviarono una accorata supplica sottoscritta dai rappresentanti delle associazioni parrocchiali al Cardinale stesso, chiedendo di interporre la sua autorità per cercare di far desistere il parroco dalla sua decisione. Ma tutto questo risultò vano.
Sul bollettino parrocchiale del marzo 1973, nel suo ultimo messaggio rivolto agli acquatesi, scrisse tra l’altro:
“…che mi pesa è la responsabilità del governo di una parrocchia e la persuasione di non essere in grado di fare e di dare quanto, giustamente, voi aspettate da me.
…Questo pensiero mi mantiene calmo e sereno, anche se il cuore -e ve ne sarete accorti anche voi- sanguina per l’imminenza del doloroso e duro distacco.”
Il distacco fu duro e doloroso non solo per lui, ma anche per i suoi acquatesi che, dopo quasi 25 anni di reciproco rapporto, faticavano a rassegnarsi alla sua partenza. Tra le diverse manifestazioni
di saluto che gli inviarono, riportiamo qui di seguito una lettera che apparve anche pubblicamente sulla stampa di quei giorni, dove traspare tutta la sincerità del loro affetto filiale, aldilà del comprensibile sentimento di commozione dovuto alla circostanza.
“……..quanto è tristo il passo
di chi, cresciuto tra voi,
se ne allontana…”
Manzoni – I Promessi Sposi
dall’ “Addio monti…”
TU SEI IN NOI
Quel giorno mesto mentre, emigrante, attraverserai il Ponte sull’Adda lucente, con ancora negli orecchi l’eco dei commiati e le braccia doloranti per le infinite strette di mano, spingerai d’istinto il tuo sguardo triste al disopra del grigio cemento della città, fin sopra le fumose ciminiere fino a che, tra le residue chiazze di verde, troverai il superbo campanile della Tua Chiesa “…dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore…” e, abbracciate ad esso, le vecchie case della Tua gente che tanto hai amato.
In quell’attimo fugace – caro Don Alessandro – un brivido di fredda solitudine, forse, ti assalirà; un profondo senso di sconforto pervaderà il Tuo spirito.
Il Manzoni, che tanto Ti affascina, Ti sussurrerà quel passo commovente dell’”Addio monti, sorgenti dall’acque ed elevati al cielo; cime inuguali note a chi, cresciuto tra voi, se ne allontana…”.
In rapida successione di immagini Ti rivedrai giovane Sacerdote – nel lontano 1949 – entusiasta e timoroso, obbedire alla chiamata della Tua gente, la stessa di oggi, che Ti acclama accorata Novello Pastore.
Luci, suoni, canti, fuochi, addobbi floreali, porte trionfali, poesie infantili nel tripudio spontaneo del popolo che ti accompagna all’Altare. Forse ancora ricorderai le curate parole, rese
incerte dall’emozione, che dall’ambone, per la prima volta, hai rivolto al Tuo popolo che Ti ha eletto
suo Pastore.
Poi il silenzio! Fin dai Tuoi primi giorni, la Tua nuova vita di Parroco Ti ha portato ad affrontare i gravosi problemi spirituali e sociali, retaggio del dopoguerra: ricostruire lo spirito, cancellare gli odii, ristabilire fiducia e speranza nei cuori. Via via si affacceranno ai Tuoi occhi lucenti le Tante opere di cui sei stato l’artefice. Rivedrai i Tuoi valenti Sacerdoti, i Tuoi preziosi collaboratori, i Tuoi ammalati, i Tuoi poveri, i benefattori, gli anziani, i Tuoi bimbi. Infine ricorderai chi Ti ha amato e chi no.
In questo momento di tensione, una profonda mestizia attanaglia il Tuo cuore costretto al brusco distacco dagli affetti e dai ricordi.
Le lacrime che, nel momento della Tua partenza, hai visto brillare negli occhi dei Tuoi figli, sono le medesime che ora brillano nei Tuoi occhi, quale vivida testimonianza di perfetta comunione nel sentimento di devozione e riconoscenza.
Insistenti risuonano nel Tuo spirito le accorate parole che i Tuoi “ragazzi, Ti hanno voluto rivolgere, nel commovente momento del distacco, prima che Tu salissi sull’auto :
Noi, giovani figli Ti siamo riconoscenti !
Tu ci hai immersi nell’Acqua battesimale, aprendoci al Cristo !
Tu ci hai portato il primo Pane di vita !
Tu hai accompagnato i nostri primi passi di uomini, con la Tua saggezza, con il Tuo esempio !
Tu, al nostro fianco, hai accompagnato un nostro caro all’Estrema Dimora, benedicendo la terra che lo coprirà !
Tu ci hai sempre spronati al bene dal confessionale, dall’ambone e in cento altri modi !
Tu hai pregato tanto per noi !
Ti abbiamo chiesto un Oratorio moderno ed attrezzato, un Circolo dove noi giovani trovassimo l’ambiente ideale per la nostra crescita cristiana, per la nostra educazione, per la nostra ricreazione. Tu hai fatto della nostra esigenza la Tua esigenza, donandoci l’uno e l’altro !
Talvolta Ti abbiamo ripagato con qualche ingratitudine. Ma Tu ci accoglievi nuovamente col Tuo grande sorriso
Tu per noi sei stato padre buono e paziente, fratello devoto ! Noi, giovani figli Ti siamo riconoscenti !
La Tua dipartita ci rattrista. E’ un po’ come perdere un congiunto amato: un padre buono e paziente, un fratello devoto !
Non ti lasceremo mai perché TU SEI IN NOI; sei entrato nel nostro cuore, legato ai momenti più belli e significativi della nostra giovinezza.
Ormai l’orizzonte si è fatto piatto ed uniforme; l’auto ora sfreccia veloce sull’ampia strada che porta alla Tua nuova dimora.
Ti volti ancora una volta; lontano intravvedi il mucchietto informe dei Tuoi monti: bianchi di neve, rossi di sole.
Lentamente l’affanno sembra acquietarsi, ti lascia. Asciughi col dorso della Tua mano, un’ultima lacrima. Un timido sorriso si fa strada sul Tuo volto immerso nell’ultimo sole.
Caro Don Alessandro, ora sei felice. Non Ti senti più solo. La Tua gente Ti è vicina. La senti dentro di Te e T’accompagna verso la meta.
GianCarlo Pozzi
Così si concluse il periodo della sua presenza nella parrocchia di Acquate, ma non la sua opera sacerdotale che continuò ancora per lunghi anni nella sua città, Busto Arsizio, dove si spense nel marzo del 2002, alla veneranda età di 97 anni.
Don Giovanni Piatti (1901-1949)
Fu indubbiamente un parroco importante per la storia del nostro paese, ma va subito sottolineato che non ebbe, analogamente a diversi suoi predecessori, una vita tranquilla e facile, come si può dedurre dalle vicende che lui stesso ha raccontate nel voluminoso libro della cronaca parrocchiale.
Ci soffermeremo solo sui fatti più significativi descritti appunto in questo “Liber Chronicus”, un vero e proprio diario, quasi giornaliero, scritto naturalmente a mano, in modo fitto e spesso difficilmente leggibile.
Don Piatti visse ad Acquate un periodo molto lungo, dal 1897 al 1949, prima come coadiutore di don Nava e poi come suo successore dal 1901, attraversando due guerre e una serie di sconvolgimenti sociali dai riflessi pesanti sulla vita e la cultura del pur piccolo mondo acquatese.
Le sue traversie iniziarono subito, fin dal giorno in cui venne inserito nella rosa dei sei candidati destinati al vaglio dei parrocchiani per la successione di Don Nava.
Infatti in paese viveva una ricca vedova milanese che si prodigava in mille modi, anche spendendo cospicue somme di denaro, affinché non venisse eletto parroco, nonostante la stragrande maggioranza fosse a lui favorevole.
Grazie alla fiducia che si era guadagnata come coadiutore, venne eletto con ampissimo margine e con la conseguente manifesta soddisfazione dei suoi fedeli.
Non ebbe nemmeno molta consolazione e collaborazione da parte dei primi coadiutori. Dal 1901 al 1904 si succedettero al suo fianco ben 4 sacerdoti che però, per varie ragioni, non riuscirono ad inserirsi in forma duratura in parrocchia.
La situazione venne a stabilizzarsi solo nel 1915 con l’arrivo dei fratelli don Andrea e don Giulio Spreafico che, acquatesi di nascita, seppero affiancarlo con stabilità ed impegno, producendo i frutti pastorali che abbiamo riportato nelle pagine a loro dedicate.
Sostenne di buon grado, anzi favorì vivamente la costituzione in Acquate di una sezione delle Leghe Bianche, strutture dell’associazionismo cattolico e sindacale che sorgevano un po’ in tutta Italia in contrapposizione ad organizzazioni analoghe di ispirazione socialista.
Anche in paese, nel 1903, i socialisti tentarono di convocare gli acquatesi presso l’osteria dei fratelli Pozzi per una conferenza alla presenza del Segretario della Camera del Lavoro, l’avvocatoValgelli, ma la riunione andò deserta.
Tentarono una rivincita invitando addirittura un deputato del Parlamento italiano, l’on.Montemartini, a tenere un comizio in piazza, ma anche questa volta nessuno venne ad ascoltarlo.
Il 20 luglio di quello stesso anno, ricevette la notizia della morte di Papa Leone XIII mentre si trovava a San Pellegrino, probabilmente (noi aggiungiamo) per un periodo di vacanza.
Poi annota ancora che, in ottobre, un altro comizio socialista si interrompeva tra le risa di sarcasmo del pubblico e che, il 25 dello stesso mese, invece si costituiva la Presidenza della Cassa Popolare di Acquate, una sorta di piccola banca locale per il mutuo soccorso.
In quegli anni era molto vivace la polemica tra cattolici e socialisti perché, le posizioni politiche di questi ultimi erano decisamente anticlericali.
Basti ricordare che mentre a Roma, il 20 settembre 1904, si celebrava il Congresso del “Libero Pensiero”, in tutte le parrocchie vennero indetti momenti “espiatori di preghiera”. Ad Acquate erano soprattutto i fratelli Ernesto e Giovanni Pozzi (vedi i loro profili nella pagina del sito dedicata ai personaggi laici e religiosi) le figure maggiormente di spicco di queste posizioni radicali.
La polemica scoppiò ancor più virulenta quando l’8 aprile 1904 uno dei due fratelli Pozzi, l’Ernesto, morì all’età di 61 anni. Nonostante avesse abbandonato fin dalla gioventù ogni pratica religiosa, in punto di morte si confessò e ricevette l’Olio Santo.
Sul giornale socialista di Lecco, il “Prealpino”, uscì un articolo che accusava il Don Piatti di essere accorso al capezzale del moribondo “come un corvo alla carogna” per dare i sacramenti al Pozzi quando non era più cosciente, per poi poterne celebrare i funerali.
Don Piatti ricusò questa versione dei fatti, attestando che al momento di ricevere i sacramenti il Pozzi era lucido e completamente in sé.
In archivio è stata trovata anche una lettera anonima indirizzata a Don Piatti dove veniva apertamente minacciato di violenze se non avesse smesso di sostenere il candidato cattolico alle elezioni del Parlamento Italiano del 1909, On.Falck, contro il candidato radicale On.Cermenati, capo degli anticlericali lecchesi.
Già nella tornata elettorale precedente, quella del novembre 1904, erano per la prima volta scesi in lizza rappresentanti del mondo cattolico, perché in ambito ecclesiale si era ormai capita l’importanza di andare oltre il decreto di Pio IX (Non expedit) che, a seguito della conquista dello Stato Pontificio da parte dei Savoia, aveva impedito ai cattolici di impegnarsi politicamente nelle istituzioni dello Stato italiano.
Per capire meglio di che tempra sacerdotale fosse questo nostro parroco, riportiamo due fatti emblematici da lui stesso narrati sempre nel suo diario.
Il 10 maggio 1902, venne a sapere che dei coscritti avevano organizzato un raduno presso l’osteria della “vedova Crimella detta Turba” con pranzo a base di cibi grassi, nonostante fosse vigilia di Pentecoste che a quei tempi richiedeva penitenzialmente di cibarsi solo con alimenti magri.
Il parroco, in chiesa la sera, non solo stigmatizzò a dovere questo fatto ma, esposto il S.S.Sacramento, fece cantare il Miserere in espiazione.
Ed ecco il secondo.
Il 13 settembre 1907, lui ed il suo coadiutore, don Antonio Cazzaniga, finirono in tribunale, imputati di aver organizzato una riunione sediziosa allo scopo di sabotare un comizio socialista.
L’accusa scaturiva dai seguenti antefatti.
L’allora sindaco Cima Gianbattista, nel corso della campagna elettorale per un parziale ricambio della giunta di Acquate, non ebbe il sostegno dei due preti acquatesi, perché non voleva sentir ragioni di rimuovere il segretario e maestro comunale, un certo Marinoni Silvio.
Questo soggetto, oltre ad avere una condotta equivoca che faceva “imbestialire” pubblicamente la moglie, adempiva molto male ai suoi doveri di maestro, provocando malcontento nei parrocchiani.
Per ripicca, il sindaco pensò bene di organizzare nei locali della scuola di allora (cioè nei locali dell’asilo costruito da Don Giovanni Nava!!) una conferenza dell’avvocato Valgelli, noto esponente socialista che abbiamo già incontrato, sul tema “La scuola laica”!!
In pratica un tema che fornisse lo spunto ad un relatore anticlericale per dire male dei preti e della chiesa nell’assolvimento del loro compito più importante, quello di educare cristianamente i ragazzi. Non l’avesse mai fatto!
Le donne e i ragazzi della parrocchia fecero tanto chiasso con grida e fischi che l’oratore fu costretto a spostarsi, per il suo discorso, nei locali del circolo socialista, ma nei tafferugli vennero rotti banchi e vetri dei locali della scuola.
Questo accadde l’8 agosto 1907.
Il primo settembre, non contenti, i socialisti vollero tentare una rivincita, promuovendo una conferenza da tenersi all’aperto, allo Zuccarello, sempre sullo stesso tema e sempre con lo stesso oratore.
Convennero socialisti in gran numero da vari luoghi del lecchese, ma stavolta scortati dalla forza pubblica: 12 carabinieri ed il delegato di Pubblica Sicurezza.
Però quelli di Acquate non erano disposti a lasciarsela fare così in barba e, come l’oratore arrivò al suo tavolo, si alzò una musica indiavolata di fischi e di latte percosse che lo stesso non riuscì nemmeno ad iniziare il discorso.
Alle intimidazioni del delegato di Pubblica sicurezza che si affannava con i carabinieri a requisire le tolle, gli acquatesi rispondevano: ”Quel socialista non lo vogliamo, se ne vada via!!”. Più le tolle venivano ritirate, più le donne aumentavano il volume dei canti. Il delegato, ormai ridicolizzato, ritirò la truppa e se ne andò con la piva nel sacco, seguito ben presto dagli organizzatori della fallita conferenza.
Naturalmente la cosa ebbe ripercussioni sull’andamento della seconda visita pastorale del Cardinal Ferrari, giunto a Lecco il 5 ottobre.
Dopo un giro in tutte le parrocchie della città, visitata per ultima quella di Castello, il porporato sarebbe dovuto ritornare a Lecco per incontrare la Congregazione Plebana.
Invece partiva quasi fuggendo nell’automobile del signor Gavazzi, lasciando sospettare che a Lecco non sarebbe mai più ritornato. Ed aveva ragione, perché un branco di facinorosi aveva offeso pesantemente la sua autorità.
Quell’anno 1907 fu un anno particolarmente tribolato per i sacerdoti di Acquate, ma compensato da un grande risveglio religioso. Basti su tutti questo solo dato annotato puntigliosamente nel Chronicus: “nel 1906 furono distribuite 29.000 Sante Comunioni, ma nel 1907 diventarono ben 44.000. Deo Gratias!”.
Si arriva così all’anno 1908, anno in cui si iniziò l’avventura straordinaria della costruzione della nostra grotta dedicata alla Madonna di Lourdes, ma di questo abbiamo già diffusamente relazionato in altra sede.
Riprendiamo quindi la nostra cronaca parrocchiale dal 1909, in quanto, come abbiamo già detto, il 1908 fu un anno denso di avvenimenti particolarmente connessi alla costruzione della grotta di Lourdes, avvenimenti molto ben descritti nel libretto diffuso dalla commissione cultura del Consiglio Pastorale per ricordare il 75° anniversario del Santuario. Ci esoneriamo pertanto dal riproporli un’altra volta in questa sede.
La cronaca di gennaio si apre con la notizia dell’avvenuto terremoto di Messina. Per la verità il tragico, terribile avvenimento si verificò il 28 dicembre, ma in parrocchia vennero raccolti fondi solo il 1° gennaio. La questua di solidarietà fruttò la somma di mille lire. Il 10 gennaio, in suffragio dei defunti del terremoto, si celebrò un solenne ufficio che permise di raccogliere altre 44 lire.
Quell’anno fu particolarmente tragico anche per il territorio di Lecco: accadde un fatto di cui si parlò a lungo anche nella cronaca nazionale.
La sera del 31 gennaio, una comitiva di filandiere, facendo ritorno in barca alle Torrette dopo essersi recate a San Girolamo, annegarono tutte nel lago, compresi i due ragazzi che fungevano da barcaioli. In tutto le vittime furono 19.
Fu anche l’anno in cui si votò per il rinnovo del Parlamento Italiano. I popolari lecchesi individuarono in Giorgio Falk il candidato da contrapporre al radicale Cermenati.
Quella fu anche la prima volta in cui parteciparono in massa i cattolici al voto. Nel 1904 si presentarono dei candidati cattolici senza una vera mobilitazione di base, mentre in quell’anno 1908 vi fu una vera massiccia partecipazione, sollecitata anche dalla gerarchia ecclesiale.
Anche per questa ragione la battaglia elettorale fu molto accanita, con uso scorretto di calunnie personali, imposture e anche violenze. I sostenitori del Cermenati fecero giungere da Roma dei comunicati in cui il Falk veniva accusato di essere affiliato alla massoneria.
Abbiamo già precedentemente detto che anche il parroco Don Piatti fu oggetto di lettere minatorie e anonime in proposito.
Avvennero due fatti importanti anche per la vita parrocchiale: vennero messi in chiesa i banchi nuovi, quelli che ancora sono in uso oggi e venne comprata una porzione di vigna dei fratelli Pozzi Amalio e Celeste al costo di lire 4,50 al metro per costruirvi l’oratorio maschile.
Nel successivo anno 1910 avvenne un fatto molto importante, tra le tante altre vicende che però non riteniamo degne di nota: si iniziò la costruzione del nuovo oratorio maschile, esattamente il giorno 11 aprile.
Nel mese di marzo era stata indetta l’asta privata che venne aggiudicata all’impresa Colombo Guglielmo, grazie ad uno sconto del 10,59% sull’intero costo.
Ovviamente la cronaca non ne parla, ma ricordiamo che il 30 marzo di quell’anno, in via Paolino dei Morti, ebbe i natali Colombo Cesare, futuro missionario del Pime e medico dei lebbrosi in Birmania. Figura che avrebbe onorato con la sua opera il nostro paese di Acquate.
Si giunge così all’anno 1911.
Purtroppo la cronaca non riporta più alcun cenno in merito all’oratorio, nemmeno nel corso della prosecuzione dei lavori. Si limita a rilevare che il 10 settembre si inaugurò l’oratorio feriale dei ragazzi, ma senza specificare se questo avvenne nei locali dell’oratorio nuovo oppure altrove.
Viene dato ampio risalto, invece, ad un grave fatto avvenuto circa un mese dopo, il 9 ottobre, quando in pieno giorno una mano sacrilega aprì il tabernacolo della parrocchiale e asportò la pisside contenente circa 400 particole e l’ostensorio con l’Ostia consacrata.
L’autore di tale esecrabile gesto non fu mai scoperto.
Anzi, al danno si aggiunse la beffa, in quanto al parroco vennero recapitate due lettere anonime nelle quali si suggerivano gli accorgimenti da adottare per evitare la profanazione dei frammenti che potevano essere caduti per terra.
Il 12 dicembre, a Villa San Carlo, il parroco venne chiamato per ritirare ciò che restava della pisside rubata e ritrovata da un contadino in un bosco di quella zona.
Moriva in casa parrocchiale, il 25 marzo del 1912, il padre del Parroco, all’età di 82 anni.
Era un uomo dalla profonda ed antica fede; dedicò gli ultimi anni della sua vita al servizio della Grotta di Acquate, dove passava delle intere giornate accogliendo ed edificando, con la sua devota pietà, i pellegrini e i forestieri che giungevano da tante parti del territorio.
Nel mese di maggio di quell’anno, nel salone dell’oratorio (ecco finalmente citato il nuovo oratorio maschile) si organizzò un banchetto in onore dei reduci della spedizione libica, cui parteciparono 40 convitati.
In data 31 maggio viene riportata questa sintomatica annotazione (testuale):
“Dio buono e misericordioso ha finalmente liberato il paese dal Segretario Comunale Silvio Marinoni. Uomo infausto per il paese, avendo portato uno spirito anticlericale nell’amministrazione che prima non c’era mai stato”.
In quel tempo iniziarono a sorgere delle discussioni con i parroci vicini in merito ai confini territoriali della varie parrocchie. Anche il Parroco di Acquate ebbe delle controversie che finirono per essere portate sul tavolo della Curia milanese e riguardavano il rione denominato “Besonda”, in concorrenza con la parrocchia di Castello.
Alla fine la Curia decretò che tale zona doveva rimanere di competenza della parrocchia di Acquate.
Nell’ottobre di quello stesso anno 1912, il cardinal Ferrari effettuò la sua terza visita pastorale, entrando in Acquate giungendo dalla Bonacina sull’auto del signor Cima.
Dopo essere stato accolto dalle autorità comunali, iniziò la sua visita partendo dalla Grotta. Nel pomeriggio cresimò 200 bambini e poi partì per San Giovanni, dichiarandosi molto contento.
Lo stesso Cardinal Ferrari ritornò ancora ad Acquate per un’altra visita pastorale due anni dopo, nel corso della quale effettuò la consacrazione della chiesa parrocchiale con una cerimonia che iniziò alle quattro (!!) del mattino e terminò solo verso le otto.
Sull’alba del 20 agosto 1914, pochi minuti prima dell’Ave Maria, si avvertì in paese una forte scossa di terremoto e, qualche ora più tardi si diffuse la notizia della morte di Papa Pio X. Già il mese dopo, la Chiesa Cattolica aveva un nuovo pastore, Benedetto XV, nella persona del Cardinale di Bologna Giacomo della Chiesa, di origini genovesi.
Si giunge così al drammatico anno 1915, anno in cui l’Italia entrò in guerra contro gli imperi centrali, Austria e Germania. Anche Acquate vide partire per il fronte, il 24 maggio, un consistente numero di suoi giovani, dei quali, purtroppo, molti non fecero ritorno.
In archivio parrocchiale sono conservate le fotografie formato tessera di questi nostri valorosi compaesani.
Le prime notizie tristi giunsero in paese subito, fin dal mese di giugno e dicevano che il soldato Bolis Carlo era rimasto ferito a Plava, che il soldato Manzoni Alessandro era caduto in battaglia.
In quel primo anno di guerra vennero adibiti a caserma sia il nuovo oratorio maschile, sia l’ospizio per anziani (l’attuale scuola elementare) la cui costruzione veniva terminata proprio in quel tempo, grazie alle generose elargizioni del nobile Carlo Ferrari che morirà nel dicembre di quello stesso anno 1915.
Purtroppo la cronaca prosegue per giorni e giorni riportando un lungo elenco di lutti, ne ricordiamo ancora uno per tutti:
“Arriva la dolorosa notizia della morte del soldato Locatelli Daniele, avvenuta a Caporetto il 28 novembre per tifo. Era fabbriciere e ottimo soggetto. Fu compianto da molti, specie dal Parroco che lo amava, perché era come il suo braccio destro.”
Va sicuramente sottolineato un fatto curioso: per risparmiare carbone, il governo decretò che a partire dal 3 giugno del 1916 veniva introdotta l’ora legale, ossia -nota il cronista quasi con stupore-: “si sono portati avanti di un’ora tutti gli orologi in un colpo solo!”
Lo stupore è comprensibile: questo avveniva in Italia per la prima volta.
Forse complice l’imperversare dei fatti bellici, nel relazionare il 1917 il cronista annota spiacevolmente lo smarrimento del taccuino su cui scriveva, in brutta copia, il susseguirsi degli avvenimenti.
Pertanto si limita a registrare, relativamente a quell’anno, la storica disfatta di Caporetto, avvenuta nel mese di ottobre, ma aggiunge questa personale interpretazione: “Terribile risposta della Provvidenza agli insulti lanciati da Sonnino, Ministro degli Esteri, in Parlamento contro il papa” Il Papa infatti non perdeva occasione per dissociarsi dalle decisioni bellicose dei governi e li invitava a sottoscrivere la pace, ritenendo questa guerra “una inutile strage”.
Anche ad Acquate giunse una consistente massa di profughi provenienti dal Friuli invaso che vennero alloggiati nei locali dell’oratorio maschile.
Nel 1918 accaddero diversi fatti, ma pochi degni di rilievo, tra questi va senz’altro ricordata l’epidemia, esplosa in ottobre, di febbre denominata “Spagnola” che fece 30 vittime in un solo mese tra gli acquatesi e, soprattutto la fine della guerra.
Infatti il 3 novembre arrivò la notizia dell’entrata in Trento e Trieste dell’esercito italiano, determinando pertanto la fine delle ostilità.
Il giorno seguente venne firmato l’armistizio con l’Austria, ma intanto, ad Acquate, le campane salutarono il tanto aspettato evento suonando a distesa per un’ora!
Anche Acquate pagò un doloroso contributo in termini di vite umane alla causa, diciamolo pure, di questa “inutile strage”. Il parroco, Don Giovanni Piatti, fu il primo di tutto il territorio lecchese a volere che il sacrificio di questi suoi parrocchiani venisse onorato e ricordato. Richiese pertanto la costruzione del monumento che ancora oggi sorge sul piazzale della Grotta, da lui stesso inaugurato il 29 settembre 1919. Il cronista annota che costò 6.000 lire.
Il 1920 fu un anno particolarmente segnato dai disordini sociali che andavano scoppiando in Italia per effetto della crisi economica susseguente alla guerra.
Mentre il mondo cattolico cercava di costruire strumenti di aiuto sociale, le organizzazioni socialiste fomentavano la rivolta, avendo come esempio da imitare quanto successo in Russia solo tre anni prima.
Ad Acquate, il 6 gennaio, si tenne un’assemblea per la costituzione della cooperativa “La Popolare”: una forma concreta di solidale autogestione “dal basso” per il commercio e la vendita dei principali beni di consumo, esperienza rimasta in vita per tutto il secolo scorso e meglio conosciuta, negli ultimi anni, come “Spesa famiglia”.
Nel mese di maggio di quell’anno, iniziò a Campo de Boi la costruzione della colonia estiva del Collegio Arcivescovile di Saronno e fu il parroco Piatti a benedire la prima pietra, in quanto anche quella località sopra Lecco rientrava nei confini della sua parrocchia.
Riportiamo testualmente: “Il primo settembre, in tutti gli stabilimenti, gli operai, obbedendo ad un ordine venuto dalle organizzazioni socialiste, hanno con violenza occupato le fabbriche cacciandone i padroni, issando sui comignoli la bandiera rossa e mettendo delle guardie rosse alle porte per impedire l’entrata ai legittimi proprietari”
Il 2 febbraio del successivo anno 1921 moriva il Cardinal Ferrari, Arcivescovo di Milano.
Nelle elezioni politiche, svolte nel mese di maggio, il seggio di Acquate diede la vittoria parziale ai Popolari con 228 voti, seguiti dal Blocco con 157 voti, ed infine ultimi i socialisti con 142 voti.
(continua)
Documenti allegati:
Don Giovanni Nava (1875-1901)
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Originario di Ello sopra Oggiono, fece il suo ingresso ufficiale in parrocchia domenica 5 settembre 1875, dopo una regolare elezione che vide impegnati gli acquatesi nei comizi e nelle formalità di prammatica per tutto il mese precedente.
Fu il primo parroco a tenere dei diari quasi quotidiani degli avvenimenti parrocchiali e, se oggi siamo in grado di conoscere molti dettagli della nostra storia, lo dobbiamo proprio alle sue meticolose annotazioni. Purtroppo, scrisse poco di sé e su quanto da lui fatto nel periodo antecedente il suo arrivo ad Acquate. Però, quanto scrisse dopo, ci lascia ben intuire le sue alte qualità di sacerdote e di uomo.
Tra i suoi appunti troviamo fatti storicamente importanti ed è per noi una vera emozione leggerli, sapendo che sono una sorta di “cronaca in diretta” di quei tempi.
Troviamo, tra i tanti, questo appunto: “Il giorno 9 gennaio 1878 morì il Re Vittorio Emanuele II alle ore 2,30 pomeridiane ed il 14 si celebrò una messa da Requiem in suffragio della sua anima, con invito alle Autorità Municipali (Acquate era comune N.d’A.) e alle scuole dei fanciulli.”
Come anche: “Il giorno 7 febbraio 1878 alle ore 4,45 morì Pio IX il Grande ed il giorno 11 dello stesso mese si fece Ufficio con Messa solenne e poi si fece un triduo per implorare lo Spirito Santo per l’elezione del Nuovo Sommo Pontefice…
Il 26 febbraio fu eletto Sommo Pontefice Leone XIII e per tre giorni consecutivi alla sera ci fu una scampanata colla durata di un’ora”.
Ecco alcune altre annotazioni trovate nel suo diario e che riportiamo in modo sintetico, ma ugualmente significativo:
“Il 2 aprile 1878 viene calato il pulpito per essere consegnato al Sig.Bravi, sacrista di Lecco, affinché ne faccia uso per costruire quello nuovo.
Il nuovo pulpito è messo in opera il 24 giugno, costando in tutto 1.217 lire. “
Esso rimarrà collocato sulla parete a lato dell’altare fino agli anni ’70 del secolo scorso, quando fu rimosso a seguito dei cambiamenti conciliari introdotti nella liturgia.
“Il 20 giugno dello stesso anno, festa del Corpus Domini, celebrata messa alle ore 5 del mattino, la seconda alle 7. Poi si va a Castello con la Confraternita per la Processione che scende a Lecco. Tutto il clero è invitato a pranzo presso il Sig.Prevosto.
Il 28 novembre franato il muro del giardino della canonica; rifatto dal Comune, ma il Sindaco era già stato avvisato del pericolo.
Il 31 marzo 1879 piantati gli ippocastani sul sagrato.
Il 23 maggio 1879 riparato l’organo con spesa di lire 75.
Il 18 maggio 1880 ottenuto il benestare di essere affiancato da un coadiutore, nella persona del Sacerdote Don Martino Luraschi.”
Questo fatto inaugurò la presenza -che durerà per più di un secolo- del coadiutore in parrocchia.
“Il 5 marzo 1882 celebra la prima messa Don Pietro Mambretti.”
Ma non si specifica altro: che sia un novello sacerdote acquatese?
“13 giugno è nevicato sui monti.”
Con questa telegrafica nota riferita ad una inconsueta nevicata del 13 giugno si interrompe bruscamente ed inaspettatamente la cronaca parrocchiale di don Nava,
che però rimase in carica come Parroco fino al 1901. Come spiegare questo fatto?
A seguire, sullo stesso “Liber Chronicus”, viene ripresa la stesura del diario con una diversa calligrafia che è infatti quella del suo successore, Don Giovanni Piatti, il quale esordisce con queste parole: “ Appena fin qui arriva il libro storico del Parroco Nava che durò in carica fino al 1901. Il suo successore Parroco Don Giovanni Piatti vi aggiunge quelle poche notizie di cui è certo, per completare in qualche modo la lacuna e poi seguiterà per conto proprio la notazione dei fatti di qualche rilievo.”
Pertanto oggi noi possiamo presumere che don Giovanni Piatti abbia ripreso a posteriori, una volta diventato parroco nel 1901, la stesura del diario (usa infatti il passato remoto nel riferire gli avvenimenti). Così riparte dal 1882 con la cronaca della frana di Versasio.
Scrive: “Il 16 settembre 1882 cadde una frana a Versasio che ebbe terribili conseguenze, essendo perite tre persone, due donne adulte e una bambina, figlia di Rota Giovanni di Malnago che si trovava là dalla balia. Oltre il danno delle bestie e delle piante, stalle travolte in rovina. In quell’occasione si fecero delle collette nei paesi limitrofi a favore dei danneggiati“
Passa poi all’anno 1887: “Si collocarono nella torre le nuove sei campane, non senza aver prima riparato e quasi fatto a nuovo il campanile che secondo il disegno presentato doveva aver la sua brava cupola, ma poi il capomastro si sgravò con un pretesto dall’obbligo di fare la cupola e così rimase incompiuta.”
Fin qui le sue testuali parole, ora proseguiamo cercando di sintetizzare quanto da lui ancora annotato.
Nel 1896 Don Giovanni Nava diede inizio alla raccolta dei fondi per l’edificazione dell’asilo.
A quest’opera dedicò tutto il resto della sua vita, opera che contribuì a dissestarlo finanziariamente e fu forse anche causa della sua morte prematura. La costruzione vera e propria iniziò nel 1897, partendo dai locali attigui alla casa parrocchiale.
Però tali locali vennero ritenuti angusti anche come abitazione per le suore dedicate alla cura dei bambini.
Per evitare che queste suore dovessero ogni giorno trasferirsi da Olate, con l’intento invece di dare loro una stabile residenza in parrocchia, Don Giovanni pensò di costruire un nuovo fabbricato in quella che era allora la vigna della canonica.
Questo altro stabile iniziò a sorgere nel 1898 e l’anno successivo non solo le suore addette alla gestione dell’asilo, ma anche quelle dell’ospizio per anziani, poterono entrare e prendervi dimora.
Quindi si può ufficialmente annotare che l’attività dell’asilo e quella dell’oratorio femminile di Acquate furono inaugurate nel 1899.
Purtroppo Don Giovanni Nava lasciava la vita terrena solo due anni dopo, nel 1901, esattamente il 9 di febbraio, ma lasciò anche molti suoi beni per coprire le spese non ancora saldate del nuovo asilo.
I funerali vennero celebrati molto solennemente dal Parroco di Olate, don Angelo Scatti, e con una unanime partecipazione del popolo acquatese che lo amava ardentemente.
Essendosi ammalato di cistite acuta con dolori acutissimi, era stato trasferito al Fatebenefratelli di Milano per le cure più adeguate, ma dopo 4 giorni di degenza, il suo fisico provato non superò la crisi e spirò.
Quando la sua salma giunse alla stazione ferroviaria di Lecco, tutta la popolazione di Acquate era ad attenderla e la accompagnò processionalmente fino alla chiesa parrocchiale.
La presenza in paese di questo parroco segnò una svolta importante, non solo perché mise fine a diatribe politico-religiose tra i fedeli (vedi capitolo relativo al parroco Martino Pampani) ma soprattutto perché sviluppò la dimensione socio-caritativa della comunità parrocchiale.
In quegli anni particolarmente difficili, con i nuovi processi di industrializzazione che allontanavano per molte ore le figure materne dalle abitazioni, andò incontro, mosso solo da carità cristiana, alla domanda educativa dei suoi parrocchiani più poveri.
Lo dobbiamo ringraziare anche per un’altra cosa: è solo grazie a lui se siamo oggi in grado di presentare in questo sito internet una dettagliata storia della nostra comunità acquatese: fu lui, infatti, il primo a raccogliere le notizie storiche e biografiche dei sacerdoti che lo avevano preceduto, lasciandoci una interessantissima documentazione che risulterà sempre più preziosa con l’andare degli anni.
Alla sua morte, fu subito nominato vicario il coadiutore locale Don Giovanni Piatti, nativo di Narro in Valsassina, in attesa che si svolgessero a tempo debito e a cura del Comune le tradizionali operazioni previste per l’elezione del successore.
Il Cardinale di Milano presentò la candidatura di sei sacerdoti, scremando una rosa di ben tredici pretendenti alla ambita parrocchia di Acquate.
Don Martino Pampani (1874-1875)
Alla morte del Sac. Giosuè Valsecchi, avvenuta nel gennaio 1871, per la parrocchia di Acquate si aprì un quadriennio travagliato e, per certi versi, molto istruttivo.
Dovendo avvalersi del loro diritto di nomina del parroco, gli acquatesi proposero di inserire nella rosa dei nomi tra i quali scegliere, quello del Sac. Luigi Sacchi, Parroco di Olate, ritenuto di ottime qualità morali e dottrinali.
Nonostante ciò, la terna che la Curia Milanese inviò il 10 dicembre 1872 (ben due anni dopo) al Sindaco di Acquate, non comprendeva questo loro candidato, ma era bensì composta da:
Sac.Luigi Combi, di anni 33, Parroco di Morterone
Sac.Angelo Luraschi, di anni 35, Coadiutore di Lecco
Sac.Martino Pampani, di anni 37, Parroco di Ballabio
Avvicinandosi il giorno delle votazioni, in paese cresceva il malcontento e l’aria si faceva oltremodo burrascosa. Anche in Acquate si avvertivano gli echi della situazione romana. Solo da due anni lo stato Sabaudo aveva invaso Roma (1870), costringendo il Papa a chiudersi in Vaticano in una prigionia di fatto e aveva promulgato la legge delle Guarentigie (13 maggio 1871), con la quale lo Stato stesso si arrogava il diritto unilaterale di decidere i diritti e i doveri del Papa sul suolo Italiano!
Il Sindaco arrivò a chiedere al sottoprefetto la presenza delle Forze dell’Ordine nel momento delle votazioni, perché temeva disordini.
Gruppi di fedeli chiesero al Sindaco di non ammettere alla votazione persone che si erano dichiarate di “Religione Razionalista” e che, avendo comunque diritto al voto, potevano determinare uno spostamento significativo dell’esito finale.
La richiesta non fu accolta e così in data 2 febbraio 1873 si procedette alla votazione, con il seguente esito:
Sac.Angelo Luraschi : favorevoli 206, contrari 78
Sac.Luigi Combi: favorevoli 181, contrari 50
Sac.Martino Pampani favorevoli 310, contrari 139
Vennero denunciati brogli e il caso fu sottoposto nientemeno che al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti che, il 9 luglio 1873, annullò il risultato, dando ragione ai contestatori e chiedendo nuove elezioni che il sindaco proclamò per il 10 agosto dello stesso anno.
Ormai gli animi erano a dir poco surriscaldati.
Si susseguirono riunioni del consiglio comunale di Acquate molto accesi, in cui si distinse in particolare l’assessore Avv.Ernesto Pozzi il quale voleva escludere dalla votazione gli abitanti di Rancio che possedevano terreni in Acquate, ma anche questa richiesta non potè essere accolta.
La situazione degenerò quando un gruppo di Acquatesi dichiarò l’intenzione di sabotare la votazione, fintanto che la Curia non avesse provveduto a cambiare la rosa dei tre candidati, rimasta la stessa della prima volta e perciò ritenuta la causa principale dei problemi. Ancora l’Avv. Pozzi tentò di accogliere tale richiesta, mentre il Sindaco Martelli si adoperò per portare a buon fine il programma. Dopo sei ore di inutili tentativi di mediazione, scoppiarono tumulti e la Chiesa venne fatta sgombrare dalla forza armata che operò anche tre arresti.
Il fatto finì davanti al Vescovo il giorno dopo, ma anche il Vescovo non volle sostituire i nomi dei tre candidati di partenza. Si dovette attendere il 18 gennaio del 1874 ed una situazione più distesa per procedere finalmente alla tanto travagliata votazione. Anche questa volta non andò tutto perfettamente liscio, però il Ministero, con l’intento di non buttare altra benzina sul fuoco, dichiarò ugualmente valida la votazione ed eletto il Sac. Martino Pampani, perchè i vizi riscontrati non erano di peso tale da consigliarne un nuovo annullamento.
Gli animi degli acqutesi erano infatti tutt’altro che rappacificati. Mentre l’ufficialità della nomina tardava ad arrivare, la fazione favorevole al nuovo parroco suonava ogni giorno le campane a festa, quella sfavorevole le campane a morto. La cosa divenne un problema di ordine pubblico ed il Sindaco dovette intervenire seriamente facendo controllare l’accesso al campanile.
Tutti questi contrasti non portarono ad altro che alla non accettazione della nomina da parte dell’eletto Don Pampani che, nel frattempo, si era presentato per divenire parroco a Burago Molgora (distretto di Monza) dove fu accolto, dove finì i suoi giorni nel 1914 all’età di 79 anni e dove ancor oggi riposa in pace.
Mentre gli acquatesi si ritrovarono al punto di partenza con un pugno di mosche in mano, anche se (come dice un famoso proverbio) non tutti i mali vennero per nuocere, perché in quel 1875 ad Acquate fu eletta una grande figura di parroco: Don Giovanni Nava, ma questa è un’altra storia ancora.
Don Giosuè Valsecchi (1842-1871)
Nacque ad Acquate l’11 dicembre 1809, ultimo di sette figli avuti dai genitori GioMaria e Riva Paola, che poi si trasferirono, con la loro numerosa famiglia, a Castello.
Risulta che nel 1831 si trovava nel Seminario Arcivescovile di Milano dove “…attendeva allo studio delle scienze teologiche del secondo corso…”.
Fu eletto parroco di Acquate nel 1842, succedendo al fratello maggiore Don Francesco Valsecchi, già parroco dal 1828.
Sacerdote dal carattere fiero e risoluto, ma anche di grande bontà d’animo, tanto che, nell’adempimento del suo ministero pastorale, era capace di farsi in quattro per il bene degli altri.
Fu durante il suo ministero che l’Arciduca Massimiliano d’Austria donò alla Chiesa l’organo Morelli.
Rimase parroco di Acquate fino alla sua scomparsa, avvenuta il 24 gennaio 1871.
E’ ricordato come patriota antiaustriaco, ma anche antiliberale dopo il 1859, secondo quanto testimoniano alcune vicende riferite nella “Cronistoria di alcuni fatti accaduti in parrocchia tra il 1846 e il 1871” e di cui riportiamo di seguito uno stralcio che l’acquatese Cavalier Francesco Milani aveva pubblicato negli anni ’60 sul bollettino della parrocchia.
Ecco il suo racconto:
“DALLE MEMORIE DI UN VETERANO ACQUATESE – ANNO 1850”
L’Austria, dopo un breve periodo di blandizie e di riforme, aveva compreso troppo bene che nel Lombardo-Veneto il terreno ridiventava incandescente. E per dare una lezione che servisse a far rinsavire i Lombardi, emanava un decreto di confisca di tutte le armi, seguito a breve distanza con l’impiccagione dei detentori renitenti. Tra i primi a pagare vi furono tre sacerdoti esemplari: Don Enrico Tazzoli, Don Grioni e Don Brioni, impiccati a Belfiore il 7 dicembre 1852.
In quel clima di ardente patriottismo si svolse l’episodio che stiamo per narrare:
Il parroco Don Giosuè Valsecchi era uno dei più tenuti d’occhio tra i sacerdoti dei dintorni dalla gendarmeria di Lecco, per i suoi sentimenti patriottici.
Uomo energico e di carattere adamantino, sapeva però stare alla regola, usando una grande prudenza: non così quel rompicollo del suo nipote che, orfano in tenera età, era stato accolto dallo zio e avviato agli studi di architettura. Costui si era dato anima e corpo alla Carboneria, assumendosi il pericoloso compito di reclutare aderenti fra i suoi coetanei del territorio lecchese e, cosa ancor più grave, era in possesso di una carabina e di Cartelle del Prestito Mazziniano che servivano per l’acquisto di armi e munizioni al comitato di insurrezione.
In una notte di dicembre del 1856, Don Giosuè si riscalda al fuoco di un grosso ceppo dopo la cena, discorrendo familiarmente con un giovane di Acquate, intimo amico del nipote. Improvvisamente due, tre colpi di campanello, tirati rabbiosamente, fanno sobbalzare la domestica che aveva chiuso l’uscio dall’interno: poi, di fuori, la voce tonante del capitano della gendarmeria che grida: “aprire, aprire subito!”
Un attimo: il giovane amico che sta confabulando col parroco, intuendo la situazione, scatta come una molla; si infila su per le scale e scompare. Don Giosuè non ha ancora avuto il tempo di riprendersi dalla sorpresa che si trova davanti un’orda di croati con fucile e baionetta intestata capitanati dal Maggiore che intima: “fermi, fermi tutti!”.
I gendarmi incominciano la perlustrazione dalla cucina buttando tutto sottosopra, poi nello studio, rovesciando sul pavimento ogni cosa…
Lo scompiglio si rinnova nella camera da letto del prete, in quella della domestica ed infine in quella del nipote….
Il povero Don Giosuè si sente ormai perduto: “ Ci siamo, dice tra sé, qui sta il morto” e il suo pensiero va alla busta maledetta con il cifrario degli affiliati e alla carabina.
Ma poi le cose cambiano. I gendarmi guardano tutto passando al setaccio ogni cosa e ogni libro, ma non trovano nulla e Don Giosuè tira un sospiro di sollievo.
Una mano benedetta è arrivata in tempo a far sparire tutto, fucile e cartelle ed il suo pensiero corre riconoscente al giovane che, ai primi colpi, si era infilato su per le scale.
Il capitano, vista sparire la preda che riteneva ormai sua, perde le staffe e incomincia ad inveire contro il parroco: “Tu essere vecchio prete furfante!” urla furibondo.
“E voi – risponde con calma e incrociando le braccia don Giosuè – voi essere ufficiale senza onore perché insultare vecchio prete innocente”.
Gli sbirri ed il loro capo riprendono la via della città con le pive nel sacco per questa perquisizione andata a vuoto e che d’ora in poi sarà lo spasso dei lecchesi, mentre in canonica è tornata la calma, dopo la tempesta, dove due uomini si tengono abbracciati: “Come hai fatto, Pietro?” chiede Don Giosuè.
“Semplicissimo” risponde il giovane “intuendo il pericolo, in un salto son salito nella stanza di suo nipote, ho levato dall’armadio il fucile e le cartelle compromettenti, ho scaricato tutto nelle canne del gabinetto, pensando che mai più sarebbero giunti a mettere le mani là dentro”.
La narrazione del Cavalier Francesco Milani prosegue poi per riferirci che il Sacerdote, il mattino successivo, scese di buon’ora a Lecco davanti all’albergo del Morone (dove oggi sorge il palazzo delle Poste) per prendere la diligenza per Milano, dove giunse con gran ritardo a causa della neve e del gelo.
Raggiunse speditamente la pensione in via dell’Orso, a breve distanza dall’Accademia di Brera, dove abitava il nipote studente per metterlo al corrente dello scampato arresto.
Gli mise in mano un pacchetto contenente 550 svanziche (corrispondenti a circa 450 lire anteguerra 1915-18) e gli intimò di partire immediatamente per Varese, Sesto Calende e quindi di raggiungere il libero Piemonte.
Don Giosuè, non contento ancora, si recò al Comando della Gendarmeria Lombarda dove ottenne udienza dal vice commissario, al quale avanzò una vibrante protesta per l’ingiuria ricevuta nella propria canonica da parte dell’ufficiale, la sera antecedente.
Si lasciarono con l’impegno da parte del vice-comandante della Gendarmeria Lombarda di ordinare all’ufficiale che lo aveva offeso, dandogli del furfante, di tornare in canonica per presentare le sue scuse al Sacerdote, cosa che avvenne qualche giorno dopo.
Ecco come si conclude la narrazione:
Il capitano, non trovando parole adatte, umile e dimesso si sprofondava in inchini al parroco:”Venire…venuto domandare scusa offesa. Voi perdonare…io domandare perdono…”
Il Parroco si ricordò che in ogni contingenza, al di fuori e al di sopra di ogni contrasto, a un animo sacerdotale e cristiano si impone la clemenza e la magnanimità. Prese un bicchiere vuoto, lo riempì di quel vino schietto e generoso che rallegrava la sua mensa e lo porse al capitano: “Siete perdonato! Bevo alla vostra salute”
“E voi essere prete onorevole, perciò brindare alla vostra salute e alla salute del nostro Imperatore”
Il bicchiere di Don Giosuè rimase sospeso in aria, ma ebbe un’idea geniale!
“Conoscete il latino, signor capitano?” chiese il parroco.
“Niet” affermò con schiettezza l’ufficiale.
“Allora brinderò rispondendovi in latino” E noi che di latino ne sappiamo quanto quell’ufficiale austriaco, sentiamo nella nostra lingua il bel brindisi uscito dalle labbra del nostro coraggioso don Giosuè:
“Che il Signore, prima di morire, mi conceda la consolazione e la gioia di vedere la mia patria liberata dalla presenza degli stranieri, dall’ultimo soldato semplice al vostro Imperatore. Amen”
E al capitano che stava per andarsene, facendo un bell’inchino, mormorò fra i denti:”Povero tanghero! Se i tuoi superiori sapessero che hai partecipato al mio brindisi staresti fresco!”
EFFE EMME (Francesco Milani)
Don Francesco Valsecchi (1828-1842)
Naque ad Acquate l’11 luglio 1784 da Giovanni Maria e Paola Pozzi. Di lui si hanno scarne notizie:
si sa che venne eletto parroco nel 1828, che esercitò il ministero pastorale fino alla data della sua morte, avvenuta il 15 gennaio del 1842 per causa di una febbre perniciosa e che fu sepolto nel cimitero di Acquate.
All’epoca del suo ministero, precisamente nell’anno 1836, scoppiò una terribile epidemia di colera che, solo ad Acquate, fece 90 vittime, di cui 51 maschi e 49 femmine.
Nel XIX secolo, in Italia, le epidemie di colera furono in totale sette, di cui la prima nel 1832.
Quella del 1836 partì dalle città di Genova e di Bergamo e si propagò ben presto a Brescia e Milano; dalla fine di giugno a tutto dicembre, essa si diffuse anche nel nostro territorio lecchese.
Su un totale di 120 decessi registrati in paese quell’anno, ben 90 furono appunto dovuti al morbo e quindi significativamente concentrati nello spazio di pochi mesi: 2 in giugno, 41 in luglio, 42 in agosto, 3 in settembre, 1 in novembre ed, infine, 1 in dicembre.
Un anonimo cronista valtellinese scrisse che: “I morti si seppellivano di giorno e di notte, di nascosto. I sacerdoti andavano vestiti come secolari e non si facevano né messe cantate, né benedizioni con le litanie.
In quel tempo non si lavorava, ma si pensava di far soltanto orazioni, accostarsi ai S.S.Sacramenti e fare molte opere di pietà per prepararsi a santamente morire…”!!
Il 14 agosto 1836, i confratelli della Veneranda Scuola del S.S.Sacramento di Acquate emisero un voto perpetuo che veniva ancora assolto in parrocchia fino a qualche decennio fa.
Ecco il contenuto di quel voto:
“….onde ottenere dallo Altissimo Iddio la grazia di essere liberati dal CHOLERA MORBUS….fanno tutti d’unanime consenso questo voto perpetuo finchè durerà la Confraternita…di far celebrare ogni anno dai 10 ai 13 di luglio un triduo solenne di benedizioni che deve consistere nell’esposizione della Madonna Assunta… nell’esposizione del S.S.Sacramento….Entro lo stesso mese si farà una processione solenne all’Oratorio di Sant’Egidio ed ivi sarà celebrata dal M.R. Parroco o da chi lo rappresenta una Messa in Canto colle esequie funebri. Nello stesso giorno sarà distribuita ai poveri per mano del signor priore una elemosina di lire 3 in suffragio delle anime dei defunti confratelli. Dovranno i signori confratelli intervenire alla processione….se qualcuno mancherà senza legittima causa pagherà in pena alla cassa della Confraternita soldi cinque…”
Il suddetto voto fu sottoscritto e approvato dal Parroco Sac.Francesco Valsecchi, nonché dai fabbriceri Carlo Pozzi e Onorato Airoldi, dal priore sig.Francesco Milani e da 11 consiglieri e delegati.
Don Giacomo Antonio Pozzi (1809-1816)
- Fu una figura di parroco assai controversa, la cui nomina, avvenuta il 13 giugno 1809, fu subito malvista dal Prevosto di Lecco, perché ritenuta legata ad interessi diversi da quelli pastorali.
Quando ancora era chierico già insignito degli Ordini Minori, precisamente nel 1778, fu necessario un intervento di Papa Pio VI per assolverlo da una censura ecclesiastica in cui era incorso dopo aver involontariamente ucciso una donna durante una battuta di caccia nei boschi di Versasio, come si può constatare dalla pergamena papale e dalla sua traduzione qui allegata.
Non solo, ma già nel 1813, la sua condotta aveva generato molte critiche e lamentele, al punto che al prevosto Sac. Antonio Preda arrivò una comunicazione della Curia in cui gli si chiedeva di raccogliere informazioni riservate presso persone affidabili sul conto del Sacerdote e di riferire poi, in forma sigillata, il risultato delle indagini.
Gli elementi raccolti non furono certamente edificanti.
Risultò che scandalizzava i parrocchiani col suo comportamento, che frequentava osterie, che si accompagnava alle persone più viziose e che, nonostante le ripetute ammonizioni e minacce di sospensione, non dimostrò mai di ravvedersi.
La Curia gli intimò, attraverso il Prevosto, un ulteriore ammonimento ultimativo
il 21 novembre 1815, ma inutilmente.
Alcuni capi famiglia di Acquate, rincararono la dose l’anno successivo, mandando alle Autorità Governative di Milano una durissima requisitoria contro il Parroco in cui elencavano 9 casi di sue gravi inadempienze. Tra queste vi era l’accusa di lasciarsi sfuggire delle proposizioni ereticali durante le prediche, di lasciare la parrocchia priva di confessore, di amministrare i sacramenti ubriaco, di ospitare in casa donne di cattiva fama, di tornare a casa oltre l’ora prescritta dalla legge dopo aver vagabondato per le bettole, di essere oberato di debiti, di essersi fatto trovare a bere in un’osteria di Pescarenico ancora vestito degli abiti della processione, ecc.ecc.
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Ecco allora quanto decise la Curia, nello stesso anno, scrivendo al Prevosto Preda:
“Veggendo che il Sig. Giacomo Antonio Pozzi si fa beffe delle serie e paterne ammonizioni che da vari anni la Curia gli fa onde rimuoverlo dalla sua imprudente e scandalosa condotta…..siamo autorizzati a rimuovere di là quel Parroco onde rendere la quiete a quella Parrocchia. La S.V. avrà a quest’ora ricevuto l’ordine della Règia Delegazione Provinciale di porre il sequestro sui fondi parrocchiali di Acquate e di amministrarli. Non le rimane pertanto che di intimare l’immediata partenza del Parroco Pozzi, delegando in nostro nome a disimpegnare le funzioni parrocchiali a quell’idoneo Sacerdote di cui già le scrisse Mons.Manzoni…..”
Tale documento era datato 21 settembre 1816. Il suo successore, Sac.Francesco Valsecchi, fu eletto solo nel 1828. Occorrerebbe ancora scoprire chi resse la parrocchia in quegli anni tra il 1816 e il 1828: forse quello stesso “idoneo Sacerdote” non nominato, ma indicato da Mons.Manzoni?
Don Giovanni Gattinoni (1801-1808)
Di lui si hanno poche notizie, anche per il periodo relativamente breve del suo ministero in Acquate.
Prima di divenirvi parroco, lo fu nella parrocchia della Culmine, nella pieve di Primaluna, dal 1797.
Nel 1805 trovò un accordo con gli “Ufficiali” (gli amministratori) e si fece elargire lire 12 a compenso degli aggravi dovuti alla carità verso i poveri, al consumo degli arredi, delle suppellettili, della cera e altro.
Dagli appunti lasciati dal Parroco Don Giovanni Nava(1875-1901) che aveva già ricostruito la storia acquatese dei parroci, il Gattinoni risulterebbe morto il 30 novembre 1808 e sepolto nel Sagrato di Acquate il 2 dicembre dello stesso anno.
Don Paolo Crotta (1784-1801)
Col 6 ottobre 1784 inizia la sua opera di Curato in Acquate.
Di lui sappiamo che nel 1794 voleva costruire una nuova chiesa e, per questo, aveva provveduto ad acquistare il terreno a sue spese. Ma l’intenzione non ebbe seguito per l’insorgere di discordie e male lingue.
Nel 1795 fece eseguire, sempre a proprie spese, alcuni interventi di miglioramento all’organo della chiesa, cui furono aggiunti i registri di tromba e oboe.
In quanto titolare dell’ospedale e ricovero per anziani, dimostrandosi oculato amministratore, ne portò la rendita da 2289 a 3000 lire annui.
Incontrò difficoltà e dispiaceri per aver rinnovato gli “Ufficiali” (gli amministratori) della Parrocchia, ma ne uscì soddisfatto anche per aver ottenuto la nomina di un sacrestano, tale signor Giorgio Manzoni di Giovanni.
Ebbe anche una controversia con il Prevosto di Lecco, in quanto non aveva presenziato assieme ai sui fedeli ad una processione a Pescarenico.
Per questo fatto dovette scagionarsi davanti alla Curia Arcivescovile il 25 maggio 1793 adducendo come motivo la proibizione avuta dal medico ad intraprendere lunghi viaggi, “ per il male cui è abitualmente soggetto dello sputo di sangue e non per essere contrario a simil funzione”.
Morì nel 1801 all’età di circa 50 anni e fu sepolto anche lui nella chiesa parrocchiale il giorno 7 settembre, come attesta il documento redatto dal
Sac. Giuseppe Valsecchi, Parroco di Olate.
Don Giuseppe Bordoli (1768-1784)
Cominciò il suo ministero il 18 novembre 1768 e di lui sono rimaste solamente due notizie. Realizzò la cantina della casa parrocchiale costata lire 778 e fu sepolto il 15 gennaio del 1784 nella chiesa, come testimonia il documento redatto dal curato di Olate, Sac.Rocco Valsecchi che ne celebrò i funerali.
Eccone il testo, scritto nello stile del tempo:
“Il molto reverendo Sac.Giuseppe Bordoli q.m. Santino, dopo di avere con piena singolare lode per il corso di anni 15 circa assistito con il maggior zelo, carità ed edificazione universale in qualità di Parroco in questa Cura di Acquate, munito delli SS. Sacramenti della Penitenza ed Eucaristia, onto di Olio Santo premessi più volte li atti delle tre Virtù Teologali, ed contrizione, compartitogli la benedizione papale coll’applicazione dell’indulgenza plenaria e raccomandata a Dio la di lui anima, con le preci della Chiesa prescritte ed assistito nel transito da me Sig. Curato di Olate e da altri Rev.di Sacerdoti di detta cura, e dopo una ben lunga infermità assai penosa con amirabile rassegnazione sofferta è passato da questa a miglior vita in età di anni 61 circa in questo stesso giorno verso l’aurora compianto universalmente da tutto questo pubblico, e molto più dall’amato suo gregge, e fatte le sue esequie coll’intervento di me parroco infrascritto con altri 20 Rev.di Sacerdoti è stato sepolto il di lui cadavere in questa Chiesa Parr.le di S.Giorgio di Acquate in questo suddetto giorno.
Al suddetto funerale intervennero pure le Scuole del Rosario di Lecco e di S.Carlo di Castello, e per fede io Prete Rocco Valsecchi Curato di Olate Viciniore e Vicecurato di Acquate e suoi membri.”
Don Giovanni Battista Pagani (1722-1768)
Nacque il 9 giugno 1686 in località Porto di Lecco, da Guglielmo e Antonia Maria e quindi fratello di 11 anni più giovane del curato precedente, Sac.Beltrame Maria.
La famiglia Pagani era economicamente benestante in quanto i suoi componenti conducevano un’industria metallurgica. Il padre del nostro parroco, Guglielmo Pagani, nel 1719 risultava proprietario in località Galandra di una grossa fucina attrezzata con vari magli, ancora attiva nella produzione di chiodi nel 1782 per opera di un probabile nipote, Antonio Maria Pagani. (A.Frumento- Vol.II: Storia della siderurgia lombarda)
Giovanni Battista Pagani era un Oblato, cioè un aderente all’associazione fondata da S.Carlo Borromeo che esercitava con rigore il voto di povertà e fu nominato parroco di Acquate il 28 ottobre 1722.
Fu uno dei parroci più longevi perché rimase in carica per ben 46 anni, fino alla sua morte avvenuta il 25 aprile 1768, quando aveva 82 anni e fu anche lui sepolto nella chiesa parrocchiale. Nel corso del suo lungo ministero ebbe modo di intraprendere diverse iniziative, tra le quali si ricorda la posa, tra l’altare e la navata, della balaustra con i quattro gradini sottostanti, opera di un certo Conca di Varenna, nel 1745.
Nel 1746 accolse Sua Em.za il Cardinale Arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli in visita pastorale nella Parrocchia.
Di particolare importanza risultò il suo lascito testamentario di lire 30.000 e di una sua casa per la realizzazione di un ospedale per i poveri e gli ammalati della città di Lecco.
Don Beltrame Maria Pagani (1712-1722)
Originario del Porto di Lecco, dove nacque il 15 aprile 1675 da Guglielmo e Antonia Maria. Iniziò la sua attività pastorale ad Acquate il 12 febbraio 1712 che si protrasse fino al 1722, anno in cui morì all’età di soli 46 anni. Fu sepolto nella chiesa parrocchiale, come testimonia l’atto steso dal prete Giovita Marchioni, curato di Olate e vice-curato di Acquate:
24 febbraio 1722
Il M.Rev.do Beltrame Maria Pagani, di età d’anni 46, curato di S.Giorgio d’Acquate, avendo esercitato 10 anni la cura d’anime in detto luogo con singolarissimo zelo, dottrina et esempio e con altrettanto fruto; nell’ultima sua infirmità che soltanto 8 giorni durò, istantaneamente chiese e divotionatamente ricevè li SS. Sacramenti della Penitenza, Eucaristia, Oglio Santo, munito pure della raccomandazione d’anima, la sera del 22 detto mese rese l’anima sua al Signore et oggi che gli sono fatte le solenni esequie et settimo con l’intervento di 24 Sig.ri Sacerdoti e finalmente pianto da tutto il clero e popolo il di lui cadavere posto fu in detta chiesa nel sepolcro proprio dei Sig.ri Sacerdoti.”
Don Pietro Antonio Tartari (1693-1711)
Figlio di Gio Batta Tartari e Maria D’Acquate.
Da rilievi effettuati sul libro parrocchiale dei matrimoni, risulta che il suddetto presenziò in qualità di testimone o di chierico, fin dal 1664, a diversi sposalizi.
Era quindi presente ad Acquate, di cui era nativo e dove fu battezzato il 6 maggio 1649, molto prima di diventarne parroco, cosa che avvenne il 20 aprile 1693. Morì di un colpo apoplettico il 14 ottobre 1711. Così dichiarò il sacerdote Pietro Castagna, curato di Olate e vice di Acquate, il giorno successivo:
“15 ottobre 1711.
Il M. Rev.do Sig. Pietro Antonio Tartari Vicario Foraneo e Curato d’Acquate, d’anni 70 circa, avendo il giorno antecedente celebrato la S.Messa, morì d’accidente apoplettico, senza alcun sacramento per non aver dato tempo la sua morte, è stato sepolto nella chiesa parrocchiale d’Acquate con l’assistenza di me prete Pietro Castagna Curato d’Olate e vice curato d’Acquate e altri 10 Sigg. Sacerdoti.”
Don Giuseppe Tartari (1645-1693)
Nato ad Acquate da Pietro Antonio e Maddalena Locarina nel 1616, già parroco di Vercurago, prese possesso della parrocchia il 24 dicembre 1645, succedendo al Mangiagalli, passato prevosto a Lecco.
Di lui si conserva negli archivi l’atto di morte che fu così redatto:
“Addì 30 marzo 1694.
E’ morto il M.Rev.do Sig. Giuseppe Tartari che era curato di detta chiesa. Havendo ricevuti li SS.Sacramenti di Eucaristia, Penitenza et Estrema Unzione in età d’anni 78 è stato sepolto nel sepolcro fatto di nuovo a sue spese sotto la lampada del SS.Sacramento. Al suo funerale vi sono intervenuti 24 sacerdoti.”
Don Pietro Francesco Mangiagalli (1631-1645)
La sua nomina decorre dal 16 ottobre 1631, anche se però, già l’11 novembre del precedente anno, risulta la sua presenza sugli atti di matrimonio della Parrocchia. Fu contemporaneamente Curato di Acquate e Vicecurato di Germanedo, nonché Notaio Apostolico, con la cui autorità sigillò l’atto di fondazione della Parrocchia di Rancio nel maggio 1640.
Il giorno 21 settembre 1631 morì in Milano il Card.Federico Borromeo, tenendo, come dirà il suo biografo Rivola, nella mano destra il crocifisso e nella sinistra la penna, a testimonianza della sua infaticabile opera di religioso e di scrittore.
Su un documento del 27 luglio 1632, risulterebbe che l’allora prevosto di Lecco, Filippo Cattaneo Torriano, riseppe che il Parroco Pietro Francesco Mangiagalli ingiuriò e bastonò un certo Albertino Aondio di Germanedo, col pretesto che quest’ultimo, a sua volta, bastonava la moglie, pur essendo in stato interessante.
Nel 1645 il Sac. Mangiagalli lasciò la Parrocchia di Acquate per divenire Prevosto e Vicario Forense di Lecco e con questo appellativo firmò alcuni registri del tempo, tra i quali anche quello dell’Oratorio di Falghera.
Don Giuseppe Gattinoni (1625-1630)
Sul registro dei battesimi, la presenza del precedente parroco Sac. Pozzi Ambrogio si interrompe nel settembre 1624 e se ne deduce che il Giuseppe Gattinoni gli subentrò fin dai primi mesi del 1625, ma ad Acquate era già presente in qualità di diacono e Cappellano dell’Oratorio della Concezione, almeno dal 1619. Prima di diventare curato in Acquate, fu anche per qualche anno vice-curato a Rancio. Il suo ministero si svolse negli anni della peste. Ai suoi parrocchiani colpiti dal morbo prestò particolare assistenza e si presume che anche lui morì quando l’epidemia raggiunse la sua massima diffusione nell’estate del 1630.
Don Ambrogio Pozzi (1590-1624)
Iniziò la sua opera presso la Cura di Acquate il 4 agosto 1590, anche se lo strumento notarile della sua nomina, rogato dal notaio milanese Alessandro Airoldi, porta la data del 1° luglio del medesimo anno.
Questa nomina decisa per Autorità Apostolica (come risultava da una lettera datata 8 giugno 1590 che il sacerdote esibiva nelle sedi opportune), ma non dagli acquatesi, fu oggetto di una controversia tra il parroco e gli acquatesi stessi. Questi ultimi, il 6 maggio 1598, comparvero davanti al Vicario generale della Curia Arcivescovile assistiti da tale Martino Cavana per ottenere, contro le istanze del curato, la conferma del loro diritto di scelta e di nomina, diritto che in quell’occasione era stato ignorato, col rischio di diventarlo per sempre. Alla fine il diritto venne riconosciuto e restituito, in forza del fatto che la chiesa e la casa parrocchiale erano stati eretti dalla popolazione.
Fu con lui che si diede inizio alla costruzione della chiesa di Falghera dedicata a San Francesco d’Assisi, di cui benedisse la prima pietra il 2 luglio 1605.
Negli anni del suo ministero ci furono ripetute visite da parte del Prevosto e Vicario Foraneo della Pieve di Lecco Sac.Giovanni Stefano Bossi e dei suoi incaricati ed anche, nel 1608, quella del Cardinal Federico Borromeo.
Grazie ad esse, il Parroco fu dotato di un minuzioso elenco di suggerimenti e opere da realizzare, volte al miglioramento estetico delle chiese della parrocchia e a quello liturgico delle celebrazioni.
Don Giovanni Battista Gavazzi (1550-1589)
Nato nel 1506 in territorio bergamasco, fu consacrato sacerdote a Bergamo dal Vescovo Ausiliare
Don Gabriele Castelli il 15 ottobre 1531. Divenne parroco di Acquate nel 1550, anche se l’ufficialità gli fu conferita parecchi anni dopo, il 5 luglio 1570, perché solo allora vi era stato l’atto di rinuncia del parroco precedente Sac. Giorgio Andreani.
Era un sacerdote in possesso di una vasta cultura ed era molto apprezzato dai parrocchiani che, in una relazione del 1570, lo definirono esperto in lettere e scienze sacre, studioso e conservatore dei libri prescritti (i registri parrocchiali). Inoltre si comportava bene e vestiva decentemente; ogni giorno serviva la sua chiesa e predicava tutte le domeniche. Dei suoi sermoni, alcuni tenuti anche in altre parrocchie della pieve, si conservano ancora alcune copie nell’archivio parrocchiale. Abitava nella casa della chiesa con il Cappellano Arizati e la settantenne madre di lui, munita della debita licenza per poter dimorare con loro.
Teneva a pigione studenti e studentesse in un’altra casa del paese di proprietà del figlio adottivo, sposato e di professione notaio. Era solito andare a caccia e per questo teneva dei cani. Questa passione gli costò un severo rimprovero da parte del suo Arcivescovo, San Carlo Borromeo. Per alcuni anni del suo ministero in Acquate, fu contemporaneamente Prevosto Vicario Foraneo di Lecco, fintanto che nel 1578 chiese di esserne esonerato. Sui documenti presso l’archivio di Acquate si ha notizia di lui ancora nel 1589, pertanto a 83 anni ne era ancora parroco. Nell’arco di questi anni in cui resse la chiesa in Acquate, la cronaca registrò due fatti importanti: il primo, assai rilevante, fu la prima visitapastorale del Cardinale San Carlo Borromeo, avvenuta esattamente l’8 marzo 1566, l’anno immediatamente successivo al suo insediamento sulla cattedra Ambrosiana.
A seguito della visita dettò alle chiese di Acquate ben 16 “Ordinationi”, di cui quattro riguardavano le chiese delle frazioni, mentre le altre dodici riguardavano la Parrocchiale. Eccone alcune: ornare ed indorare il Tabernacolo di legno della Parrocchiale e lasciarvi solo il Santissimo, trasferendo le reliquie in esso trovate in un luogo più conveniente, ricoprire il Battistero col Ciborio a forma piramidale, eliminare l’altare dedicato a Santa Apollonia e riordinare quelli di San Gerolamo, di Santa Caterina e Santa Lucia, chiudendoli con dei cancelletti, ed altro ancora. Non trascurò di far rilevare al parroco il disordine che regnava nel luogo sacro, fatto abbastanza comune in quei tempi, tempi nei quali il disordine diffuso non era solo di carattere materiale. Fu anche merito di questa sua fermezza nell’esigere dal clero l’attuazione severa delle disposizioni del Concilio di Trento se si riuscì a contenere la minaccia della Riforma Luterana, giunta fino nella regione svizzera dei Grigioni e quindi ad un passo dai nostri territori. Il signor Arsenio Mastalli di Olate, emerito studioso di cose antiche riguardanti la nostra città, ma scomparso nel 1969, lasciò detto di aver trovato, nei documenti riguardanti quella visita pastorale, un paio di curiose notizie. Al santo Cardinale, riposando nottetempo in quel di Acquate, fu rubata da ladri rimasti ignoti la bianca cavalcatura con cui era giunto in paese. Qualche giorno dopo, transitando per Boazzo e guadando il Caldone, San Carlo scivolò sopra un sasso finendo in acqua: completamente bagnato, fu ristorato con una calda tazza di latte in una cascina da alcuni contadini, i quali provvidero ad asciugargli le vesti accendendo il fuoco di un camino. San Carlo Borromeo, consumato dal sacrificio e dal duro lavoro pastorale cui si sottoponeva, morì il 4 novembre 1584.
Il secondo fatto, meno importante ma sempre interessante, riguarda la cronaca nera del tempo, cioè un assassinio avvenuto per motivi di eredità tra cugini della famiglia acquatese degli Airoldi, per mano di sicari prezzolati, il 17 ottobre 1567. Cristoforo Airoldi fu ucciso su mandato dei cugini e del loro padre, Francesco Marchesini degli Airoldi, i quali inoltre tramarono per far ricadere la responsabilità dell’accaduto sul tutore dell’assassinato, tale Antonio Airoldi.
Don Giorgio Andreani (1537-1550)
Era discendente di una nobile famiglia di Corenno, imparentata coi nobili signori Cattaneo Torrioni di Primaluna e quando fu eletto curato di Acquate risiedeva in quel paese, dove fungeva da cappellano nella chiesa prepositurale.
Venne eletto circa una settimana dopo la morte del suo predecessore e furono incaricati i sigg. Bernardo e Ludovico Airoldi, accompagnati dal notaio Giacomino Airoldi, di andare a Primaluna per notificargli l’avvenuta nomina, fatto che avvenne il 19 marzo 1537. In un primo momento egli rifiutò, dicendo che avrebbe voluto pensarci bene, ma in seguito, per le ripetute suppliche dei tre ambasciatori, diede il suo consenso. Il giorno 23 marzo dello stesso anno fece il suo ingresso in parrocchia, accolto dal popolo e dal sacerdote Giovanni Maria Bolis, titolare della cappellania di S.Maria attiva nella chiesa parrocchiale di Acquate.
Don Ludovico Rognoni (1513-1536)
Le famiglie Rognoni erano di origine bergamasca e, più precisamente, avevano dimora in Val Taleggio, da dove trasmigrarono in Valsassina per ragioni politiche (erano di fazione ghibellina)
quando i territori di Bergamo passarono sotto il dominio della Repubblica di Venezia nel XV° secolo.
Fin dall’inizio del 1500 a Castello di Lecco abitavano taluni “Rognoni”, dai quali discendeva sicuramente il parroco Ludovico: infatti lui stesso possedeva case e terreni in quel rione che, alla sua morte nel 1537, lasciò in eredità al Monastero di S.Maria Maddalena di Castello, dove volle anche essere sepolto.
Prima del 1500
DON MATTEO BELLINGARDI (1471-1481)
DON GIOVANNI CANALI (1471- )
DON PIETRO MAGGI (1465- )
DON DAVIDE BOTTAGISI (1449-1453)
DON PIETRO MAGGI (1440- )
DON GIOVANNI BOTANI (1417- )